Chi Sono
Ebbene sì, lo confesso, mi piace scrivere. Che ci volete fare? Fin da bambino, quando sulla panchina del parco vicino a ponte Pietra a Verona, componevo poesie. Facevo la quinta elementare. Un giorno per farmi bello con un compagno tirai fuori i foglietti che riportavano la mia opera per mostrarglieli, la maestra mi vide e venne da me per indagare. Mi strappò il mio tesoro dalla mano e lo lesse. Credeva chissà che cosa. Quando scoprì che si trattava di semplici versi di una poesia li strappò e se ne andò via impettita dicendo: “Ma che ti credi? di essere Foscolo?”. Io manco sapevo chi fosse ‘sto Foscolo, lo scambiai per un compagno di scuola e lo andai anche a cercare, non lo trovai però e mi rimase il desiderio di conoscerlo, magari mi avrebbe dato qualche suggerimento.
La maestra però non dimenticò l’episodio e ne parlò con mia madre: “Suo figlio deve stare attento in classe, si perde con la testa, insegue pensieri tutti suoi, stia attenta, che poi … si sa come vanno a finire queste cose”. Era l’anno 1955. Mia madre era paziente, mi spiegò che per le composizioni ci sarebbe stato tempo, ora dovevo studiare a scuola, quello era il mio compito. Non c’era ragione per una punizione, così mi portò al cinema, era la prima volta per me. Vidi Marcellino pane e vino, la storia di un bambino che aveva per famiglia un gruppo di frati e per amici l'immaginario Manuel e Gesù Cristo. “Come hanno fatto a farlo?” chiesi io quando uscimmo. “Qualcuno ha scritto la storia” rispose lei. Ecco! questa risposta mi è sempre rimasta nel cuore.
Ho fatto il liceo classico e poi l’Università a Bologna. Ho preso la Laurea in Scienze Politiche: centodieci e lode! Alla discussione della tesi invitai mio padre, ma glielo dissi all’ultimo momento. Lui sapeva che fra sette giorni esatti ci sarebbe stato l’evento tanto atteso. Non ne fece parola però. Con mio padre ci parlavamo poco, così stava sempre in silenzio aspettando, mi guardava e basta. Il giorno prima della convocazione andai da lui, era in cucina, stava preparandosi la colazione, pane e salame, a lui piaceva così e fumava. “Vuoi venire?” gli chiesi. Lui mi guardò e un lampo negli occhi espresse la sua gioia. “Grazie!” sussurrò piano. Fu il giorno più bello della sua vita … e anche per me fu una grande soddisfazione vedere quell’uomo che si protendeva tra i presenti per non perdere ogni attimo, ogni frase, ogni risposta mentre con lo sguardo diceva: “Quello, è mio figlio”. Non passò molto tempo purtroppo che ci dovette lasciare.
Così presi a lavorare, la vita continua e bisogna darsi da fare. Un lavoro in banca allora era il massimo dell’aspirazione della bassa borghesia, grazie ad una provvida raccomandazione (“è brava gente, si fidi di me…”) feci la conoscenza con assegni, cambiali e banconote. Subito scambiai l’acronimo avv. (che sta per avallo, ovvero garanzia personale per un titolo) per avvocato e i miei compagni si misero a ridere, ma si sa, gli studi servono per formare le persone. Così per seguire la mia formazione mi sono imbarcato direttamente su un binario opposto alle premesse, diventando direttore tecnico di una società di informatica. Addirittura ho scritto delle guide sulla fattura elettronica e sulla PEC (la cosiddetta Posta Elettronica Certificata). Sarà stata quella benedetta smania di scrivere che mi covava sempre dentro.
Un incidente automobilistico mi ha fermato, ho appeso al chiodo tutte le mie velleità lavorative per più di un anno così ho avuto tempo di meditare. Un amico mi ha fatto presente che è stato un monito del destino. “Accettalo!” mi ha detto, ma sembrava più una minaccia. Già, qualcuno ha scritto la storia anche per me. Fermo nel letto, in attesa di rimettermi in sesto, leggevo, così alla fine è venuto naturale anche lo scrivere. Da quella situazione finora sono scaturiti quattro romanzi, altri sono in gestazione. Tutti diversi tra loro. Non ho un metodo, non ho un personaggio, il mio spunto è la realtà, fissata la scena gli attori si costruiscono la storia da soli, iniziano a dialogare tra di loro, prendono decisioni, io faccio solamente il cronista e li accompagno verso la soluzione finale, bella o brutta che sia.
La maestra però non dimenticò l’episodio e ne parlò con mia madre: “Suo figlio deve stare attento in classe, si perde con la testa, insegue pensieri tutti suoi, stia attenta, che poi … si sa come vanno a finire queste cose”. Era l’anno 1955. Mia madre era paziente, mi spiegò che per le composizioni ci sarebbe stato tempo, ora dovevo studiare a scuola, quello era il mio compito. Non c’era ragione per una punizione, così mi portò al cinema, era la prima volta per me. Vidi Marcellino pane e vino, la storia di un bambino che aveva per famiglia un gruppo di frati e per amici l'immaginario Manuel e Gesù Cristo. “Come hanno fatto a farlo?” chiesi io quando uscimmo. “Qualcuno ha scritto la storia” rispose lei. Ecco! questa risposta mi è sempre rimasta nel cuore.
Ho fatto il liceo classico e poi l’Università a Bologna. Ho preso la Laurea in Scienze Politiche: centodieci e lode! Alla discussione della tesi invitai mio padre, ma glielo dissi all’ultimo momento. Lui sapeva che fra sette giorni esatti ci sarebbe stato l’evento tanto atteso. Non ne fece parola però. Con mio padre ci parlavamo poco, così stava sempre in silenzio aspettando, mi guardava e basta. Il giorno prima della convocazione andai da lui, era in cucina, stava preparandosi la colazione, pane e salame, a lui piaceva così e fumava. “Vuoi venire?” gli chiesi. Lui mi guardò e un lampo negli occhi espresse la sua gioia. “Grazie!” sussurrò piano. Fu il giorno più bello della sua vita … e anche per me fu una grande soddisfazione vedere quell’uomo che si protendeva tra i presenti per non perdere ogni attimo, ogni frase, ogni risposta mentre con lo sguardo diceva: “Quello, è mio figlio”. Non passò molto tempo purtroppo che ci dovette lasciare.
Così presi a lavorare, la vita continua e bisogna darsi da fare. Un lavoro in banca allora era il massimo dell’aspirazione della bassa borghesia, grazie ad una provvida raccomandazione (“è brava gente, si fidi di me…”) feci la conoscenza con assegni, cambiali e banconote. Subito scambiai l’acronimo avv. (che sta per avallo, ovvero garanzia personale per un titolo) per avvocato e i miei compagni si misero a ridere, ma si sa, gli studi servono per formare le persone. Così per seguire la mia formazione mi sono imbarcato direttamente su un binario opposto alle premesse, diventando direttore tecnico di una società di informatica. Addirittura ho scritto delle guide sulla fattura elettronica e sulla PEC (la cosiddetta Posta Elettronica Certificata). Sarà stata quella benedetta smania di scrivere che mi covava sempre dentro.
Un incidente automobilistico mi ha fermato, ho appeso al chiodo tutte le mie velleità lavorative per più di un anno così ho avuto tempo di meditare. Un amico mi ha fatto presente che è stato un monito del destino. “Accettalo!” mi ha detto, ma sembrava più una minaccia. Già, qualcuno ha scritto la storia anche per me. Fermo nel letto, in attesa di rimettermi in sesto, leggevo, così alla fine è venuto naturale anche lo scrivere. Da quella situazione finora sono scaturiti quattro romanzi, altri sono in gestazione. Tutti diversi tra loro. Non ho un metodo, non ho un personaggio, il mio spunto è la realtà, fissata la scena gli attori si costruiscono la storia da soli, iniziano a dialogare tra di loro, prendono decisioni, io faccio solamente il cronista e li accompagno verso la soluzione finale, bella o brutta che sia.